L’ALGORITMO BUONO
di Roberto Staro* – Il 14 giugno 2024, per la prima volta, un Pontefice ha partecipato ad un summit mondiale, il G7 svoltosi in Puglia sotto la Presidenza italiana, ed ha concentrato la sua attenzione sull’intelligenza artificiale sottoponendo alla platea degli Stati partecipanti spunti di riflessione di sicuro interesse. Invero, già negli anni precedenti la Santa Sede aveva dimostrato una particolare attenzione verso questa “nuova frontiera” ed ha sollecitato, mediante la Pontificia Accademia per la Vita, una profonda analisi del fenomeno, delle sue implicazioni pratiche ma anche morali, del necessario confronto tra fede e scienza. Al di là della sensibilità religiosa di ciascuno, non v’è dubbio che le parole del Santo Padre siano state pertinenti perché rivolte a difesa dell’uomo, inteso come essere umano che deve intendersi comunque epicentro di qualsivoglia innovazione tecnologica, nei cui confronti lo strumento dell’intelligenza artificiale non può – e non deve – limitarne la capacità di scelta, di evoluzione e di controllo. Il presente articolo si propone, seguendone le tracce, di completare il lavoro già presentato su questa rivista(1) e di affiancare alle domande emerse in quella sede quella, forse di più difficile soluzione, avente ad oggetto la delimitazione del confine tra gli orizzonti di sviluppo dell’intelligenza artificiale e l’etica. In questa ricerca, per fortuna, non sarò da solo, bensì farò richiamo alle parole ed agli argomenti rivolti dal Pontefice alla platea mondiale(2) ed alla ispirazione che sarò capace di trarne. L’IA, “strumento affascinante e tremendo” I due aggettivi usati per descrivere l’intelligenza artificiale accompagnano il sostantivo “strumento”, ed è attorno a questa parola che Papa Francesco ha costruito il suo intervento. Sottolineare la dimensione strumentale delle intelligenze artificiali (plurale usato tanto nel messaggio per la LVIII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali quanto nel messaggio per la LVII Giornata mondiale della pace), è la modalità che ha permesso al Santo Padre di sottolineare la dimensione umanistica della tecnologia. Questa premessa potrebbe apparire scontata ma, all’interno di una rivoluzione tecnologica così penetrante al punto da essere capace di stravolgere il concetto delle fonti del sapere (ad esempio attraverso l’affinamento della c.d. “IA generativa”), assume il valore di un assioma irrinunciabile. Secondo le parole del Santo Padre “si potrebbe partire dalla constatazione che l’intelligenza artificiale è innanzitutto uno <strumento>. E viene spontaneo affermare che i benefici o i danni che essa porterà dipenderanno dal suo impiego”. L’IA allora non è nient’altro che uno strumento, al pari di qualsivoglia utensile, ed appartiene alla storia evolutiva dell’uomo. Ma, allo stesso tempo, è ciò che più ci differenzia dal mondo animale. E che, inoltre, ci rapporta con l’ambiente nel quale viviamo, tanto che “non è possibile separare la storia dell’uomo e della civilizzazione dalla storia di tali strumenti”. Una riflessione sulla tecnologia non è quindi tesa a restringere le maglie dello sviluppo e della scoperta scientifica ma, al contrario, è la dimostrazione della centralità dell’individuo nel creato e della sua responsabilità a sfruttare bene (o per il bene) la capacità di incidere nell’ambiente che lo circonda. “Parlare di tecnologia è parlare di cosa significhi essere umani e quindi di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità, cioè vuol dire parlare di etica” Lo sviluppo tecnologico non ci deve far paura; la volontà di evolversi è intrinseca all’uomo perché “siamo esseri sbilanciati verso il fuori di noi, anzi radicalmente aperti all’oltre. […] da qui nasce il potenziale creativo della nostra intelligenza in termini di cultura e di bellezza; da qui, da ultimo, si origina la nostra capacità tecnica. La tecnologia è così una traccia di questa nostra ulteriorità”. Il messaggio è che la tecnologia, tutta la tecnologia, è legata alla natura proprio dell’uomo, al suo essere proiettato verso l’altro, verso un’alterità. La tecnologia non solo dunque non è neutra, ma è sempre un’espressione della natura relazionale dell’uomo, un’espressione di bellezza perché manifesta la capacità e il desiderio dell’uomo di “essere per”, di proiettarsi verso l’altro. La tecnologia, quindi, non è dannosa in quanto, mutuando un concetto già espresso da molto tempo dal Santo Padre(3), abbia in sé, per sua natura, un seme di bellezza e di apertura al trascendente che deve essere colto e valorizzato. E ciò può essere fatto soltanto dall’uomo e per l’uomo. Lo scienziato o l’esploratore sono sempre condotti da un desiderio di scoperta che migliori la condizione dell’uomo, che ne allarghi gli orizzonti, che tenda all’infinito. In qualunque campo o settore della ricerca il fine ultimo è costituito dal superamento del limite. La domanda, pertanto, non è nel distinguere una tecnologia buona da una cattiva, bensì nel circoscriverne il suo utilizzo per il bene o per il male. La differenza tra scelta e decisione L’elemento nuovo dell’IA è costituito dal fatto che, a differenza di qualunque tecnologia precedente, può essere in grado di compiere una scelta in autonomia, ossia di valutare (rectius, di selezionare) all’interno di un dedalo pressoché sconfinato di dati quali siano quelli da valorizzare per rispondere compiutamente alla domanda che gli viene posta. È la c.d. logica dell’algoritmo il quale, tuttavia, massimizza la capacità della mente umana di analizzare e sintetizzare tutti i dati universalmente raccolti per fornire un risultato che, in termini statistici, sia il più preciso possibile. Il tema relativo ai rischi ed alle opportunità di un tale meccanismo sono stati già trattati nel mio precedente lavoro, per cui evito di ripetermi. Il discorso del Santo Padre propone, tuttavia, un’ulteriore fianco di approfondimento; la questione, infatti, non è sulla capacità dell’intelligenza artificiale di setacciare l’intero arcobaleno dei dati (di cui essa è stata fornita) per estrarne quello più pertinente alla nostra domanda, sulla base delle specifiche che abbiamo impostato. Il problema risiede, invece, nella necessità di confrontarsi con la prospettiva che l’intelligenza artificiale possa, in luogo di estrapolare una risposta, generarla ex novo. “[…] l’intelligenza artificiale, invece, può adattarsi autonomamente al compito che le viene assegnato e, se progettata con queste modalità, operare scelte indipendenti dall’essere umano per raggiungere l’obiettivo prefissato”. Su questo piano molto scivoloso si incontrano, da un lato, la volontà e la capacità dell’uomo di
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