INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2025 NEL DISTRETTO DI CORTE DI APPELLO DI CATANZARO
di Francesco Iacopino* – Signor Presidente della Corte di Appello, Signor Procuratore Generale, Autorità tutte, il tempo a disposizione mi consente di sviluppare solo due argomenti: maxi processi e separazione delle carriere. Il primo. Il 2024 ha consegnato alla giurisdizione la cronicizzazione dei problemi denunciati da anni, in solitudine, dall’Avvocatura. Il gigantismo processuale, complice l’allagamento a Lamezia della cattedrale nel deserto, esporrà centinaia di persone a una estenuante trasferta a Catania. La delocalizzazione del processo a 400 chilometri di distanza immola definitivamente libertà e garanzie dei cittadini sull’altare della difesa sociale. Con l’esodo in Sicilia si celebra il de profundis del diritto di difesa. I processi di massa, lo sappiamo bene, rappresentano la più alta espressione del diritto penale simbolico, con tutto ciò che deriva in termini di ribaltamento assiologico del quadro costituzionale (in primis il principio della presunzione di innocenza). Questo modo di procedere non ci ha resi più sicuri, ma solo meno liberi. Il prezzo pagato in termini di danni collaterali è altissimo. E riguarda la distruzione di vite, famiglie, affetti, aziende, tutti risucchiati nella rete sempre più capiente della pesca a strascico. Tutti macellati nel tritacarne mediatico giudiziario. A questo grido di dolore noi continueremo a dare voce, senza stancarci. Per dire basta alle indagini di massa, ai pregiudizi accusatori, alle restrizioni sommarie della libertà, agli effetti tossici prodotti dalla logica della perenne emergenza e dal diritto penale del nemico. Bisogna tornare a celebrare i processi nei Tribunali, con numeri “sostenibili”. E chiedere alla politica di dotare i territori di organici adeguati per amministrare giustizia. Cari Magistrati, con la Costituzione in mano dovreste ribellarvi per le condizioni inagibilità nelle quali vi si chiede di operare o per i suicidi in carcere, piuttosto che opporvi a una riforma costituzionale che ha il merito, indiscusso, di rafforzare il modello accusatorio, la presunzione di innocenza e il giusto processo, riposizionando al centro della Giurisdizione, come dovrebbe essere, il Giudice. Il secondo. Separazione delle carriere. La posizione assunta da ANM è semplicemente infondata: NON È VERO che la riforma stravolgerà l’equilibrio tra i poteri dello Stato, NON È VERO che sottrarrà spazi di indipendenza alla giurisdizione, NON È VERO che ridurrà le garanzie e i diritti di libertà per i cittadini, NON È VERO che determinerà l’isolamento del pubblico ministero e il rischio di un suo assoggettamento all’esecutivo. È VERO l’esatto contrario, come vedremo da qui a poco. 1)- Le carriere unificate sono tipiche dei sistemi inquisitori; tutte le democrazie occidentali adottano modelli ordinamentali a carriere separate (eccetto Turchia e Bulgaria: vorrà dire qualcosa?). 2)- La separazione delle carriere realizza il giusto processo e rafforza le garanzie e i diritti di libertà per i cittadini, nel rispetto della Costituzione, che esige un Giudice terzo e imparziale davanti a parti poste in condizioni di parità. Nel giusto processo triadico – lo ricordava Giuliano Vassalli – la separazione funzionale, imposta dal modello accusatorio, e quella ordinamentale delle carriere sono vasi comunicanti: la prima non può essere effettiva senza la seconda. Lo aveva ben compreso Giovanni Falcone quando scrisse che il P.M. non deve avere nessuna parentela con il Giudice. Per questa sua posizione, fu bollato come nemico dell’indipendenza della Magistratura. Più o meno le accuse che ci vengono rivolte oggi. La terzietà e l’imparzialità non garantiscono l’adozione di sentenze “giuste”: ne costituiscono uno dei presupposti. 3)- L’art.104 (nel testo della riforma) non toccherà affatto l’autonomia e l’indipendenza del P.M., che continuerà ad accedere alla professione per concorso, progredirà in carriera con le stesse regole di oggi e sarà garantito dalle norme sull’ordinamento giudiziario, dal suo CSM e da un Giudice disciplinare autonomo (l’Alta Corte, formata per 3/5 da magistrati). Una riforma “chirurgica”, allora, disegnata nel pieno rispetto dell’architettura costituzionale e del principio della separazione dei poteri. 4)- Cultura della giurisdizione. È fin troppo agevole osservare come, a carriere unificate, non è stato il Giudice ad aver attirato il P.M. nella sua sfera culturale, ma è accaduto il contrario. Nella prassi quotidiana le parti non sono poste in condizioni di parità. E nella percezione sociale non conta il Giudice, ma il P.M., non la sentenza, ma l’arresto. Non è la sentenza a stabilire il risultato di giustizia agli occhi del cittadino. Anzi, la sentenza, se di assoluzione o ritenuta non esemplare nella pena, è percepita come denegata giustizia. Cari Giudici, con la Costituzione in mano dovreste essere i primi a salutare con favore questa riforma, che punta a un recupero culturale, innanzitutto. Ammettere con coraggio, al pari dei vostri Colleghi che hanno avuto la forza di esporsi, che questa riforma è una conquista per la nostra democrazia e che, in realtà, l’agitazione associativa è solo frutto della paura di perdere assetti di potere finora consolidati dalla logica delle correnti. Altro che il timore del P.M. Super Poliziotto. Per chi non se ne fosse accorto, Super Poliziotto il P.M., oggi, lo diventato è già. Concludo. Il progetto di riforma costituzionale si ispira al modello ordinamentale portoghese, adottato nel 1978, all’indomani della rivoluzione dei garofani. In quel paese, dopo 50 anni, nessuno tornerebbe indietro, essendo tutti d’accordo che “la separazione delle carriere è stata una conquista fondamentale della democrazia e ha avuto pieno successo nella pratica”. Non lo dico io, ma Paulo Pinto di Albuquerque, giurista portoghese di fama mondiale, che ha definito, la nostra, una riforma eccellente, che rafforzerà il modello accusatorio, la presunzione di innocenza e il giusto processo. Cari Magistrati, se vogliamo onorare insieme la Costituzione e attuarla, portarla a compimento, dobbiamo recuperare culturalmente e socialmente la grammatica del giusto processo, ritrovarci intorno al quadro assiologico disegnato dai costituenti, rafforzare il modello accusatorio e la presunzione di innocenza. La storia giudicherà questa battaglia e gli schieramenti in campo. Auguro a voi, e a noi, che anche in Italia tra qualche anno si possa riconoscere, come in Portogallo, che la separazione delle carriere è stata una conquista fondamentale della democrazia. Significherà che avremo contribuito, insieme, al progresso della civiltà del nostro paese. Buon anno giudiziario a tutti. * Presidente della
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