LE INSIDIE DELLA VITTIMA IN COSTITUZIONE
Enrico Amati* – 1.Il testo unificato di quattro disegni di legge di modifica costituzionale prevede l’inserimento all’interno dell’art. 111 Costituzione, dopo il quinto comma, del principio secondo cui «La Repubblica tutela le vittime di reato e le persone danneggiate». La prospettata riforma appare, da un alto, superflua, posto che l’istanza di tutela della vittima è implicita nella stessa potestà punitiva dello Stato e che le posizioni di debolezza sono già tutelate in termini generali agli artt. 2 e 3 Cost.; dall’altro lato, potrebbe alterare gli equilibri del sistema penale. 2. Occorre, invero, ricordare che il passaggio dal diritto penale privato – di impronta vendicativa – al diritto penale pubblico avviene proprio attraverso la ‘neutralizzazione’ della vittima. Di più: «senza la neutralizzazione della vittima non vi sarebbe nemmeno lo Stato moderno. La neutralizzazione della vittima del reato comporta infatti niente meno che il monopolio della violenza da parte dello Stato nell’amministrazione della giustizia penale»[1]. Di qui il rischio che l’accentuazione del ruolo della vittima nell’ambito del “giusto processo” possa accentuare quel c.d. paradigma vittimario[2] sintomatico dell’attuale egemonia del linguaggio e della logica del penale[3]. In particolare, il riferimento alle vittime all’interno dell’art. 111 Cost. rischia di legittimare il passaggio da un modello processuale “binario”, che vede contrapporsi l’imputato e la parte pubblica, ad un modello “triadico”, nel quale si veicola l’idea che l’esito del processo debba soddisfare le attese della parte lesa: da processo a garanzia dell’accusato a processo per la vittima[4]. Le vittime devono certamente essere tutelate nella misura massima fuori dal processo, mediante adeguate forme di assistenza sociale e di riparazione; è invece necessaria estrema cautela riguardo alla tutela della vittima all’interno del processo, poiché si rischia di alterare il sistema delle garanzie[5]. Come noto, se nel momento del reato il soggetto debole è la parte offesa, nel momento del processo il soggetto debole è sempre l’imputato e i suoi diritti e le sue garanzie sono, appunto, le leggi del più debole[6]. A questo principio si ispira, peraltro, il Manifesto del diritto penale liberale e del giusto processo dell’UCPI, allorché si precisa che «la funzione stessa del diritto processuale penale è quella di proteggere i diritti fondamentali di chi subisce l’”attacco” del potere pubblico, così da consentirgli di difendersi nel modo migliore possibile […]» (canone n. 22). 3. L’approccio basato sulla centralità della vittima può, inoltre, produrre “effetti perversi” sul piano della produzione normativa, su quello dell’interpretazione e sulle logiche punitive. L’ipervalorizzazione della vittima avalla, invero, una produzione penale compulsiva orientata al diritto penale “massimo”[7], con inevitabili ricadute sulla coerenza e sull’efficienza del sistema penale nel suo complesso e sulle garanzie. Un diritto penale vittimocentrico è, infatti, insofferente alle garanzie tipiche del diritto penale liberale (tassatività e determinatezza del precetto, offensività, proporzionalità della pena, etc), poiché nell’ottica della vittima “giustizia è fatta se condanna è emessa”. Tutto ciò si riflette sulla qualità della produzione normativa, che può accentuare la produzione di norme prive del requisito della precisione, da sperimentare attraverso l’applicazione pratica e l’esperienza giudiziale, con il rischio che, in sede applicativa, si tenda a privilegiare l’effetto utile e lo scopo dell’incriminazione rispetto a letture tassativizzanti e tipizzanti. Sul versante delle logiche punitive, inoltre, la centralità della vittima potrebbe aprire le porte a quelle teorizzazioni deteriori che fanno leva sul right to punishment, secondo cui la punizione del reo non deve contenere solo la condanna del suo comportamento da parte della società, ma anche una manifestazione di solidarietà verso la vittima, che si estrinseca mediante l’inflizione effettiva di una sofferenza all’autore[8]. In generale, l’approccio vittimocentrico “filtra” ed altera il diritto penale classico, e a farne le spese sono i principi fondamentali della tradizione liberale scolpiti nella Carta costituzionale: la potestà punitiva statale; l’imparzialità del giudice, etichettato come “cattivo punitore”[9] se non soddisfa le esigenze della (presunta) vittima; la presunzione d’innocenza; il diritto di difesa. 4.In conclusione, la prospettata modifica costituzionale, in apparenza senza dire nulla di nuovo, se da un lato si colloca in quel percorso di ascesa del c.d. paradigma vittimario che legittima un processo penale “offensivo”, dall’altro lato si presterebbe ad alimentare la “crudele illusione” che – soprattutto nei casi con “vittime diffuse” – il processo penale sia lo strumento ideale per vedere riconosciute le proprie pretese risarcitorie e punitive. In altre parole, si rischia di accentuare non solo il panpenalismo ma, per una sorta di eterogenesi dei fini, anche la reiterazione senza fine dello statuto di vittima[10], posto che l’unica riparazione giuridicamente possibile all’interno del processo penale è il risarcimento del danno, che ovviamente nei casi gravi non ripara nulla[11]. *Presidente della Camera Penale di Rimini e Professore associato di Diritto penale all’Università di Udine [1]W. Hassemer, Perché punire è necessario, trad. it., Bologna, 2012, p. 233 s. [2] D. Giglioli, Critica della vittima, Milano, 2024. [3] T. Pitch, Il malinteso della vittima. Una lettura femminista della cultura punitivista, Torino, 2022. [4] In termini problematici, M. Buchard-F. Fiorentin, La giustizia riparativa, Milano, 2024, p. 457 s. [5] L. Ferrajoli, Giustizia e politica. Crisi e rifondazione del garantismo penale , Roma-Bari, 2024, p. 285. [6] L. Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Roma-Bari, 1989. [7] N. Mazzacuva, La clemenza collettiva nell’epoca del ‘diritto penale massimo’, in Dir. pen. cont., 2018, p .192 s. [8] G. Fornasari, “Right to punishment” e principi penalistici. Un critica della retorica anti impunità, Napoli, 2023. [9] N. Mazzacuva, Se la pena fa ancora spettacolo: talune riflessioni “fuori dal coro”, in A. Valenti (a cura di), L’inarrestabile spettacolo della giustizia penale, Persiani ed., 2013, p. 73 s. [10] T. Pitch, Il Protagonismo della vittima, in disCrimen, 20.2.2019. [11] L. Ferrajoli, Giustizia e politica. cit., p. 285.
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