LA SUGGESIONE DI UNO STRAPPO ALLE REGOLE

di Ottavio Porto* –

L’evoluzione dei mezzi di comunicazione e lo sviluppo prodigioso della tecnologia hanno – ormai definitivamente – stravolto i modelli culturali, i valori e i gusti, della società. Anche nell’arte, sempre più permeabile rispetto alla tempesta del progresso, il percorso sembra segnato: un coacervo di idee e valori nel quale l’estetica del bello si diverte in improvvise giravolte. Il labor lime che diventa taglio, graffio, movimento netto di chi, al pennello, preferisce la spatola e il taglierino, al colore la colla e all’aggiunta di dettaglio l’asportazione e la lacerazione. Epifania del nuovo genio, un primo “strappo” compiuto nei confronti della pittura tradizionale, sembra poter essere individuato nell’opera del maestro Mimmo Rotella. Scenario degli eventi, quel piccolo gioiello che è la città di Catanzaro alla fine dell’ottocento: il teatro, la villa comunale, lo sviluppo delle attività di artigiani e commercianti venuti da lontano, così come l’implementazione delle vie di comunicazione, ne hanno da poco arricchito e vivacizzato l’offerta culturale.

Un trampolino perfetto per il maestro, prima di trasferirsi a Napoli, a Parigi e negli Stati Uniti poi, presso l’Università di Kansan City nella quale avvierà anche la registrazione di poemi fonetici battezzati “epistaltici”, ovvero pieni di parole inventate – proprio come la definizione stessa. Si tratta di esperienze dadaiste, che lo portano a cercare un nuovo linguaggio dell’arte, capace di invadere tutte le forme espressive: nella pittura, nella scultura, nel settore filmico, fino alle nuove tecnologie informatiche, delle quali intravede soltanto l’alba, l’obiettivo è chiaro: stupire, dissacrare, andare oltre. E infatti, Rotella, anche nel quotidiano è un personaggio davvero eccentrico. Tornato dall’America, nel 1953, va in giro per Roma vestito con abiti talmente vistosi, che – qualcuno – lo individua come il modello ispiratore del film “Un Americano a Roma” di Alberto Sordi. Eppure, rimane sempre attaccato alla cultura del sud, al cibo mediterraneo, a quello stile chiaro e semplice nel rappresentare concetti complessi. A gettare una luce su quel passo determinante che proprio in quegli anni lo renderà una icona immortale della pop art italiana, l’incontro diretto coi manifesti pubblicitari, affissi sui muri della città, strappati distrattamente, sovrapposti. Dalla confusione, da quelle immagini stritolate dal passare del tempo, dal mescolamento dei colori, Rotella riscopre una forza particolare, nuove linee dal fascino unico, messaggi che provengono dal caos, ma che contengono forze di comunicazione innovative.

È la scintilla del décollage, proposto come “una riflessione distruttiva su cui meditare, su cui riversare la propria attitudine conoscitiva, un universo che seduce ed affascina, coinvolgendo il fruitore in una perdita irriducibile dell’identità individuale” ed in una nuova dimensione lisergica. Il maestro insegue la trasformazione, la vibrazione della carica comunicativa obliqua dei media e dai brandelli genera una pittura nuova, che esplora – attraverso precisi riferimenti cronologici – l’intera frammentarietà del reale, nella provvisorietà di un presente governato dall’effimero, dalle leggi massificanti del consumo, un presente che vede la rapida ed inarrestabile obsolescenza dei propri oggetti. Rotella porta alle estreme conseguenze espressive l’impiego di materiali extrapittorici, da supporto passivo la carta si trasforma in materiale della pittura, si stende sulla superficie del quadro con la versatilità dei pigmenti tradizionali. Il quadro di Rotella cita il manifesto, che rimanda all’immagine-simbolo, a sua volta pareidolia del film, del prodotto commerciale o del personaggio oggetto di culto. Bionde e patinate Marilyn, tigri dei più noti circhi equestri, star e starlette divengono parte integrante del patrimonio culturale che, contemporaneamente, appartiene alla pittura, al cinema, al manifesto. La suggestione è unica: da un lato le accattivanti immagini di divi e simboli consumistici, con la loro carica di “oggetti del desiderio collettivo”, dall’altro il fascino dell’opera manipolata e dell’intervento irripetibile dell’artista.

Lavorando ante litteram sui media, il maestro calabrese ha compreso con straordinario anticipo e profonda intelligenza quello che sarebbe avvenuto di lì a poco, ha precorso il ruolo della comunicazione nella società. Lo ha fatto mantenendo intatto un aspetto quasi ludico del fare artistico che nasconde, sotto una maschera quasi dannunziana, una creatività stupendamente “infantile”, nel senso più aulico e imperscrutabile del termine. 

 

*Avvocato e componente della Camera Penale di Catanzaro “Alfredo Cantàfora”

(Pubblicato in Ante Litteram n. 0 – dicembre 2023)

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