Un PM milanese apre un’indagine a carico del difensore di una imputata mentre il processo per un grave fatto di omicidio è in corso.
Abbiamo appreso con sconcerto la notizia dell’indagine aperta da un PM milanese a carico del difensore di una imputata mentre il processo per un grave fatto di omicidio era in corso davanti alla Corte di Assise. Si è successivamente appreso che uno dei due PM, che sostenevano l’accusa nel processo a carico di Alessia Pifferi, tenendo il collega all’oscuro della sua iniziativa, ha ritenuto di indagare l’avvocata Pontenani, difensore dell’imputata, per il solo fatto di aver utilizzato le relazioni redatte da due psicologhe del carcere nel quale la Pifferi si trova ristretta, indagate a loro volta per il reato di falso, al fine di sostenere l’esistenza di un deficit di sviluppo intellettivo a carico della propria assistita e chiederne la sottoposizione a perizia psichiatrica. Perizia che è stata successivamente disposta dalla Corte d’Assise e che è attualmente in corso.
Secondo l’ipotesi accusatoria, le relazioni delle psicologhe conterrebbero infatti false attestazioni sulle condizioni mentali della detenuta strumentalmente volte ad ottenere una perizia psichiatrica ed è per tale ragione che nel corso delle indagini sarebbero state disposte, nei loro confronti, intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché la perquisizione delle abitazioni delle stesse.
È notizia della stampa di oggi che, mentre una dei due PM titolare dell’accusa, in quanto tenuta all’oscuro della iniziativa in questione, ha deciso di rinunciare all’assegnazione del fascicolo, nell’ambito del processo pendente davanti alla Corte d’Assise il difensore dell’imputata ha dichiarato di non voler rinunciare alla difesa sebbene oggetto di iscrizione su iniziativa della stessa PM a lei contrapposta in quel processo.
Non possiamo non considerare che questa indagine, inserita clamorosamente all’interno di un dibattimento in corso, finisca con l’alterare gli ordinari equilibri del processo e con il compromettere la serenità di chi, giudici e perito, dovranno esprimere le proprie valutazioni, facendo emergere come, ancora una volta, la funzione difensiva e chi la esercita appaiano delegittimati dalla stessa unilaterale iniziativa del PM, volta ad affermare l’esistenza di un concorso del difensore nelle ipotizzate condotte illecite di terzi, il che evidenzia, se ancora ve ne fosse bisogno, non solo la disparità processuale tra accusa e difesa, ma anche la sostanziale confusione fra la posizione e il ruolo del difensore e la figura dell’assistito.
Per queste ragioni, pur senza voler entrare nel merito della vicenda processuale, dobbiamo stigmatizzare quanto accaduto e sottolineare come sia inaccettabile ogni indebita compressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito comunque essa sia perseguita, dentro e fuori il processo.
Sorveglieremo per comprendere cosa ha in particolare giustificato l’iscrizione della collega nel registro degli indagati e infine in che contesto tali iniziative sono maturate, perché, se questo è ciò che attende il processo del futuro con una parte, il PM, che indaga l’altra parte a dibattimento aperto, sulla sola base di una incontrollata ipotesi investigativa, possiamo celebrare il requiem non solo del rito accusatorio, ma della giustizia in quanto tale.
Unione delle Camere Penali Italiane
Il documento della Giunta
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