IL GIUDICE: UN FREDDO OPERATORE DEL DIRITTO?

di Maria Clausi*-

Molti pensano che chi opera nel mondo del diritto nel suo agire sia guidato esclusivamente dalla logica e dalla rigida osservanza delle norme.
Probabilmente per molti sarà così: il diritto e le sue logiche come esigenza suprema che non può essere piegata a nulla! In verità, il diritto è sterile se non si interpreta in modo da renderlo più vicino all’uomo.

Cristo, a proposito della rigida osservanza dei numerosi divieti imposti di sabato, affermava: Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato (Vangelo secondo Marco, capitolo 2). E così anche Marx, nella sua critica al pensiero di Hegel, affermava: la legge esiste per l’uomo e non l’uomo per la legge.

Il giudice, dunque, nello svolgimento della sua delicatissima funzione non può compiere una rigida e fredda applicazione delle norme, senza tener conto che quelle norme sono destinate a regolare una vita, una sorte; a incidere sulla storia di un uomo e della sua famiglia.
Il giudice che ha una formidabile preparazione giuridica, ma una scarsa sensibilità umana, sarà un buon tecnico, non un buon giudice.
Il giudice, pur evitando coinvolgimenti emotivi che potrebbero paralizzare il suo lavoro, deve necessariamente fare uso di buon senso, umanità, carità ed empatia.

Egli non può spogliarsi della sua dimensione umana quando svolge la sua funzione. Un giudice deve essere anche un po’ filosofo, sociologo, psicologo e letterato e la sua cultura giuridica deve essere arricchita da quella umanistica.
Egli deve saper comprendere e conoscere la realtà del suo tempo ed i fenomeni, nel loro costante divenire, che si creano in seno alla società perché questi influenzano l’agire del singolo. Specie nel settore penale il giudice deve saper essere un attento osservatore del comportamento umano e della realtà che lo circonda.

Nel processo penale il giudice deve saper cogliere i contesti sociali e famigliari che hanno determinato la condotta del reo: egli deve saper essere un buon indagatore dell’animo umano. Ma soprattutto nel momento in cui siede dietro il suo scranno in udienza e quando siede dietro la sua scrivania in camera di consiglio egli deve tenere sempre a mente che dietro quel fascicolo che sta sfogliando vi sono degli esseri umani, col loro vissuto, la loro coscienza, il loro presente, il loro futuro, il loro dolore ed il loro sconforto.

La lettura del codice, indispensabile ad una corretta valutazione del fatto, deve essere accompagnata dalla lettura dell’anima e deve essere sorretta da una coscienza vigile e severa, soprattutto con sé stesso. Una buona lettura del codice farà una buona sentenza, ma solo una lettura del codice illuminata dalla coscienza farà una sentenza giusta.

*Giudice onorario

Torna in alto