Intervista al presidente dell’Ordine dei Giornalisti Calabria, Giuseppe Soluri

di Antonio Strongoli – 

Nel convegno del 24 novembre 2023, dal titolo “Cronaca e critica – linee guide per un’informazione corretta e senza rischi”, organizzato dall’Ordine dei giornalisti, dalla Camera Penale di Catanzaro, dal COA di Catanzaro e dal Movimento Forense, si è generato un acceso ed interessante dibattito sul problema che riguarda la cronaca giudiziaria.
Con particolare riferimento al bilanciamento tra il diritto di cronaca, e dunque il diritto del cittadino di avere contezza dei provvedimenti emessi dalla magistratura nelle inchieste di maggiore rilevanza sociale e la presunzione di innocenza, da cui consegue il diritto dell’indagato di non essere sottoposto alla gogna mediatica in assenza di una sentenza di condanna, quanto meno, di primo grado. Da qui l’idea di realizzare un’intervista col presidente dell’OdG Calabria, Giuseppe Soluri.

Presidente Soluri, in occasione del convegno del 24 novembre, lei aveva puntualmente indicato come l’operato del giornalista dovesse rispettare i tre principi fondamentali: veridicità della notizia, continenza del linguaggio e rilevanza pubblica della stessa. Il giornalista deve, quindi, operare al fine di consentire una corretta diffusione della notizia lasciando comunque comprendere al lettore come l’inchiesta sia in una fase embrionale, quando si tratta, ad esempio, di ordinanze di custodia cautelare emesse dal G.i.p. e dunque come le circostanze riportate siano meri indizi di reità e non fatti accertati. Un appello, mi sento di dire, al senso di responsabilità dei giornalisti, che non deve mancare mai, soprattutto in questo momento storico, in cui anche i social tendono a candidarsi quali nuovi mezzi di informazione.
A distanza di un mese circa, poi, è approdato in Parlamento l’emendamento Costa. Cosa ne pensava all’epoca?
«Dal mio punto di vista, l’emendamento Costa, in linea di principio, era un emendamento che ci poteva stare. Nel senso che è stato sicuramente concepito con l’obiettivo di salvaguardare quel principio di non colpevolezza, di cui si parlava prima, e quindi per impedire che vengano pubblicati spezzoni di intercettazioni o atti giudiziari in cui siano presenti degli elementi marginali per dell’inchiesta, ma assai rilevanti ai fini dell’immagine esterna delle persone indagate.
È chiaro che questo rappresenta in qualche misura un vulnus per i giornalisti che sono impossibilitati, nel momento in cui interviene questo emendamento, a pubblicare stralci di intercettazioni che, invece, per altro verso, possono anche avere una rilevanza informativa notevole.
Sebbene comprendiamo che, da un lato, vi sia l’esigenza di salvaguardare il citato principio di non colpevolezza, dall’altro, non bisogna dimenticare però la necessità di tutelare il principio della libertà di informazione e, conseguentemente, la necessità che il giornalista informi e che il cittadino venga informato correttamente».

Presidente Soluri, si aspettava che un emendamento proposto da un parlamentare di opposizione – ricordiamo che l’On. Costa appartiene ad Azione – potesse riscontrare una tale condivisione da non soggiacere alle solite dinamiche ostruzionistiche dell’opposta fazione politica? Secondo lei, ciò è sintomatico di un’esigenza condivisa circa la necessità di intervenire onde garantire una maggiore tutela dei soggetti indagati?
«Partiamo dal presupposto che l’On. Costa, al di là del partito di appartenenza, si è sempre distinto come uno dei rappresentanti del parlamento maggiormente sensibili alla tematica del garantismo.
A mio avviso, quando si affrontano questi argomenti il problema nasce dal fatto che si sono create due tifoserie: una c.d. “garantista” ed una c.d. “giustizialista”. Riportare tutto a queste due categorie di “tifosi” è sbagliato, poiché non consente di cogliere altre (e diverse) posizioni, le quali, sebbene affini alle due principali correnti di pensiero, presentano altre sfumature.
Vi sono sensibilità garantiste all’interno sia di partiti che hanno sempre portato avanti battaglie di questo tipo, ma anche in partiti che oggi sono all’opposizione e che sono stati al Governo in passato. Mi riferisco, in particolare, al PD. Nel PD ci sono ampi settori che hanno una visione, diciamo così, garantista e Azione non è altro che una costola fuoriuscita dal Partito Democratico. L’Onorevole Costa, poi, essendo stato militante di Forza Italia si porta dietro anche antiche battaglie del suo ex partito.
La sensibilità su tale tematica è in qualche modo abbastanza diffusa nelle forze politiche, in maniera trasversale.Ritengo sia difficile ragionare su questo tema se non si prende coscienza della sua importanza; un tema che riguarda tutti i cittadini, la corretta gestione dell’attività giudiziaria, penale e civile che sia, è fondamentale per la vita di un Paese.
Fin quando la giustizia non funzionerà a dovere, riducendo anche il margine di errori, il Paese avrà sempre problematiche di questo tipo, che quasi certamente si trasferiscono nelle aule parlamentari, diventando così strumenti su cui battagliare, perdendo di vista i problemi reali e la necessità di affrontarli in maniera corretta, salvaguardando tutti gli interessi in gioco.
È questo uno dei motivi per cui non si riesce mai ad arrivare ad una riforma complessiva della giustizia, che abbia un suo raziocinio e riesca effettivamente a garantire una giustizia, non solo giusta, ma efficiente e rapida». 

Nel 2017, quando l’incarico di guardasigilli era ricoperto dall’onorevole Andrea Orlando, vi fu una modifica dell’art. 114 del codice di procedura penale, al fine di consentire alle testate giornalistiche la pubblicazione, finanche integrale, delle ordinanze di custodia cautelare. L’emendamento Costa va, sostanzialmente, ad incidere su questo specifico aspetto, con il dichiarato obiettivo di far venire meno tale facoltà. Siffatta modifica, ad avviso dell’Avvocatura, oltre che essere in linea con il principio di cui all’art. 27 della Carta Costituzionale, potrebbe contribuire a responsabilizzare il giornalista, al quale non sarebbe inibito il diritto di riferire i fatti oggetto di indagine, ma semplicemente la possibilità di riportare interi passaggi del provvedimento cautelare.
È di tutta evidenza come l’obbligo per il giornalista di “rielaborare” il contenuto delle ordinanze – non potendo far ricorso al virgolettato – lo esporrebbe a possibili querele da parte dei soggetti coinvolti, laddove i fatti non fossero riportati correttamente.
«Si, il senso è proprio questo: fare in modo che il giornalista sia responsabile di quello che scrive. Sebbene i giornalisti quando sbagliano vengono sempre “puniti”, in un modo o nell’altro, mentre gli altri attori delle vicende processuali non sempre vengono sanzionati quando commettono errori.
Credo che, alla fin fine, l’emendamento, poi divenuto legge, non risolverà per nulla il problema, giacché non impedisce ai giornalisti di dare notizie, riportando attraverso l’utilizzo di una differente terminologia il contenuto di questi provvedimenti e, volendo essere precisi, delle intercettazioni sui quali gli stessi molto spesso si fondano.
È chiaro che un simile intervento cambia leggermente la posizione del giornalista che prima, se attaccato, poteva limitarsi a dire “questo c’era scritto nell’ordinanza”, mentre adesso quello che scriverà, sebbene trae origine del contenuto del provvedimento giudiziale, sarà il frutto di una propria, autonoma, elaborazione. Ciò comporta che dovrà stare maggiormente accorto in ragione del fatto che potrebbe essere chiamato a rispondere di quanto scritto.
È questo, secondo me, l’aspetto più difficile ed anche più pericoloso per il giornalista, perché, pur pubblicando fatti che ci sono nelle ordinanze, si esporrà a procedimenti di natura personale, per quanto riguarda diffamazione e così via». 

La ratio della modifica legislativa del 2017 era di far comprendere ai cittadini i motivi ed il ragionamento che determinavano il giudice ad irrogare una misura cautelare e, sotto altro aspetto, sottoporre l’operato della magistratura ad un controllo, seppur sommario e generico, da parte dell’opinione pubblica.
L’Organismo Congressuale Forense, recentemente, ha sottoscritto un comunicato dove, per l’appunto, ha rappresentato come l’esperienza degli ultimi decenni ci insegna una realtà contraria rispetto a quella appena descritta, ossia come l’attuale sistema conduca troppo spesso alla distruzione della reputazione dei cittadini che, successivamente, sono riconosciuti innocenti e ciò anche in ragione del differente clamore mediatico che ha la notizia in una fase embrionale rispetto alle fasi successive del procedimento.
Da qui segue la posizione favorevole dell’avvocatura che ritiene come, in passato, il giudizio di bilanciamento tra il diritto dei cittadini di essere informati e la necessità di preservare, in conformità al principio di non colpevolezza, l’onorabilità degli indagati non veniva correttamente realizzato.
«Ritengo che l’errore tante volte sia stato quello di riportare non solo passi delle ordinanze in cui erano presenti degli indizi di colpevolezza, ma anche passaggi che nulla avevano da spartire con l’inchiesta. Passaggi afferenti la vita privata, familiare e relazionale dell’indagato.
Tutto questo ha spesso portato alla distruzione della reputazione di un soggetto e ne ha finanche minato i rapporti familiari (in alcuni casi sono stati riportati passaggi in cui, ad esempio, un indagato colloquiava al telefono con l’amante).
L’errore è stato quello di esagerare riportando, anche a fini di gossip ogni tanto, passaggi di ordinanze in cui erano presenti colloqui di questo tipo.
Ripeto, secondo me non cambierà molto, poiché con o senza questa innovazione normativa i giornalisti potranno tranquillamente notiziare sulle motivazioni dei provvedimenti giudiziari.
Chiaramente si acuirà il problema di una maggiore esposizione dei giornalisti rispetto a quello che si pubblica.
“Non ci sarà la copertura delle virgolette!”»

 A seguito di tale emendamento è apparsa sulle testate nazionali e locali una dura presa di posizione dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti, sostenuta apertamente dalla magistratura. Come si spiega questa totale sinergia? A suo avviso, il fatto che la medesima posizione assunta dai giornalisti, diretti destinatari di tale innovazione, venga immediatamente appoggiata dalla magistratura, non contribuisce ad ingenerare il legittimo sospetto che, quanto meno in passato, vi sia stata una strumentalizzazione del ruolo dei giornalisti da parte di alcune frange del potere giudiziario?
«Questo rischio è esistito ed esiste, perché magari una parte dell’opinione pubblica può anche ritenere che ci sia un qualche collegamento di natura filosofica tra magistratura e giornalisti, ma d’altronde il problema quale è? Qui stiamo ragionando di un emendamento che impedisce ai giornalisti di pubblicare delle ordinanze. Ora non c’è dubbio che questo rappresenti un vulnus per i giornalisti per i motivi detti prima e che quindi i giornalisti non possano essere contenti di un emendamento di questo tipo. Sarebbe assurdo che lo fossero! Allo stesso tempo bisogna considerare che questo emendamento si riverbera anche sulle Procure e sui giudici per le indagini preliminari che, evidentemente, sono d’accordo con la modifica del 2017».

Un’ultima domanda Presidente. Ritiene si arriverà mai ad una soluzione definitiva che soddisfi tutte le parti interessate (giornalisti, avvocati e magistrati) e, soprattutto, consenta di tutelare, in egual misura, il diritto di cronaca e la presunzione di innocenza?
«Il diritto di informare è intimamente connesso con il dovere di informare correttamente. Da ciò ne deriva la necessità di bilanciare tale diritto con gli altri garantiti dalla Carta Costituzionale. E’ difficile trovare un punto d’incontro che soddisfi tutti, ma bisogna, di certo, impegnarsi onde evitare che alcuni diritti ne sovrastino degli altri. Il giornalista ha il diritto di informare correttamente, il cittadino indagato ha il diritto di non essere danneggiato da quanto riportato negli articoli di giornale, soprattutto nella delicata fase delle indagini preliminari.
Ritengo sarebbe opportuno che tutte le forze politiche, maggioranza ed opposizione, si mettessero a ragionare concretamente su una riforma complessiva della giustizia, sia penale che civile. Altrimenti, si andrà avanti con piccoli “ritocchi” figli di esigenze momentanee. Ciò è particolarmente complicato in ragione del fatto che oramai la giustizia è, purtroppo, diventata un terreno di scontro politico».

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